A cura di Corrado Azzollini e Antonio Giusa
Il catalogo della mostra Memorie é in vendita presso il nostro bookshop
In occasione del quarantesimo anniversario del terremoto in Friuli, la Regione Friuli Venezia Giulia, l’Azienda speciale Villa Manin e la Soprintendenza Belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, organizzano a Villa Manin di Passariano (Ud), dal 24 aprile al 3 luglio, la mostra “Memorie. Arte, immagini e parole del terremoto in Friuli”, a cura di Corrado Azzollini e Antonio Giusa.
A quarant’anni dal sisma, per chi non c’era o per chi vuole ricordarlo, la mostra ripercorre i momenti dell’emergenza e della solidarietà, dei restauri e della ricostruzione.
Leit motiv di questo evento, unico in regione, è un racconto a più voci, che offre, per la prima volta, un dialogo espositivo legato al tema della memoria e al recupero del patrimonio culturale “salvato”, come l’esposizione in mostra del lacunare realizzato dal pittore cinquecentesco Pomponio Amalteo per il soffitto della chiesa di San Giovanni Battista di Gemona e non più visibile da quarant’anni.
Cosa facevi alle ore 21 del 6 maggio 1976?
Un traumatico flash si accende illuminando un periodo storico e quanto è accaduto in seguito, raccontando il terremoto che aveva cancellato i paesi, ma senza abbattere i friulani.
Dalla memoria storica, pubblica e privata, con l’esposizione di materiali giornalistici e radio televisivi del tempo, documenti cartacei, opere d’arte ed esempi significativi dei restauri architettonici, insieme ad opere legate alla solidarietà del mondo dell’arte, il percorso si snoda in diciannove stanze, e termina in nuovi progetti, dove la memoria è rivisitata in chiave contemporanea, con la proiezione in anteprima di “Sopra le macerie”, documentario realizzato per l’occasione dal regista Matteo Oleotto, e la presentazione delle opere create in residenza a Villa Manin da artisti nati dopo il 1976, con la direzione artistica di Andrea Bruciati.
La mostra è suddivisa in sette sezioni.
LA
MEMORIA
DELL'EVENTO
LA RAI E IL TERREMOTO
La Rai seguì il terremoto del Friuli fin dalla tarda serata di quel tragico 6 maggio. La troupe della Sede regionale fu la prima a raggiungere le aree terremotate e i suoi faretti a batteria furono utilizzati dai soccorritori per salvare alcune persone imprigionate dalle macerie.
Dal giorno successivo e per molti mesi la Rai, attraverso i suoi inviati, raccontò con innumerevoli servizi radiofonici e televisivi l’emergenza, i lutti, il dolore ma anche l’immediata voglia di rinascita e di ricostruzione dei friulani. Il terremoto del 1976 è considerato il primo grande avvenimento nazionale seguito praticamente in diretta da una televisione.
IL MESSAGGERO VENETO
Due anni dopo la tragedia, sabato 6 maggio 1978, il «Messaggero Veneto» fece uscire un'edizione speciale commemorativa.
Racchiuse dentro la cover, con una poesia inedita a firma Jorge Luis Borges spedita al direttore del quotidiano, le riproduzioni di opere artiustiche ispirate al tema del terremoto.
LA
MEMORIA
DEL
RESTAURO
MEMORIE DEI BENI ARCHITETTONICI
Il restauro – e talvolta la ricostruzione – di chiese, palazzi, castelli, monumenti non fu una semplice operazione di recupero edilizio, ma l’esplicitazione di una volontà diffusa presso la popolazione: far rivivere i luoghi che rappresentavano l’identità del territorio.
Declinato in varie correnti di pensiero e modalità operative, il recupero del patrimonio architettonico durò oltre un decennio.
MEMORIE DEI BENI ARTISTICI
Grazie al lavoro degli storici dell’arte e dei restauratori della Soprintendenza belle arti e paesaggio Fvg si è recuperato l’importante patrimonio storico e artistico danneggiato. Un primo stanziamento di tre miliardi di lire, disposto da un decreto legge del 13 maggio 1976, consentì di avviare con immediatezza gli interventi più urgenti. Successivamente la legge n. 546 dell’8 agosto 1977 assegnò cento miliardi di lire alla Soprintendenza per un compiuto programma di restauro. Questo finanziamento fu poi integrato con ulteriori ottanta miliardi di lire.
L’eccezionalità dei mezzi ha permesso di salvare un tesoro di cultura e di tradizione in una terra millenaria.
MEMORIE DI CARTA, PAROLE DI CIVILTÀ: GLI ARCHIVI SALVATI
Aver cura delle memorie di carta e pergamena è una missione di civiltà. Nel 1976 molti archivi furono compromessi. Il terremoto favorì dispersioni, accentuò le situazioni di degrado, esponendo il patrimonio a rischi ambientali. La Soprintendenza archivistica procedette prima al ricovero di migliaia di documenti in luoghi sicuri, poi al riordinamento e all’inventariazione, con il loro restauro.
Infine gli archivi ritornarono ai loro luoghi.
L’impegno per la tutela di tutto il patrimonio continua anche oggi a vantaggio della comunità.
GLI ARCHIVI SALVATI
LA MEMORIA DEL TESTIMONE
Fin dai giorni successivi al 6 maggio i beni mobili di tutto il Friuli furono raccolti nell’ex chiesa di San Francesco a Udine, dove vennero inventariati e conservati fino al loro restauro.
«Eppure con sereno distacco mi sforzerò di narrare la mia esperienza di quell’estate in San Francesco, tra le opere d’arte più o meno disastrate del Friuli, per averle, tutte con uguale cura e passione, amate, accolte, inventariate e sistemate in quei giorni».
Luciana Marioni Bros, 1977
«Era il 22 marzo 1977, nemmeno un anno dopo la catastrofe. Il primo corso di formazione per restauratori, di durata quadriennale, iniziò proprio quel giorno, qui a Villa Manin, nel Centro regionale di Catalogazione e Restauro nato alcuni mesi prima. Quelli furono anni speciali, dove si lavorò con scientificità e costanza per formare una categoria di restauratori, che in regione non esisteva».
Luciana Marioni Bros, 2016
IL RESTAURO DEI BENI ARCHITETTONICI
Il centro storico di Gemona, devastato dal terremoto, fu oggetto di importanti lavori di restauro. Il duomo, che era stato gravemente danneggiato nella navata destra ed aveva subìto il crollo della torre campanaria, fu ricostruito secondo le sue forme originarie.
Anche il borgo antistante la chiesa così come la zona di via Bini furono oggetto di un intervento che ricompose il sistema della città storica, realizzando nuovi edifici che riprendevano nella loro forma esteriore l’identità del passato.
IL RESTAURO DEI BENI ARTISTICI
Gemona è uno dei comuni maggiormente distrutti dagli eventi sismici. Oggi il suo patrimonio artistico è stato in buona parte restituito grazie alle attività di recupero e restauro. Le opere qui presentate provengono dalle chiese non più esistenti di San Giovanni Battista e della Beata Vergine delle Grazie, e sono conservate nel Museo Civico e nella chiesa di San Michele, luogo di esposizione degli affreschi staccati e collocati su pannelli. Testimoniano la memoria ritrovata di un periodo, tra il XIV e il XVI secolo, particolarmente vivace a Gemona, frutto di incontri fra culture diverse.
IL RESTAURO DEGLI ARCHIVI DI GEMONA
Le operazioni di restauro del materiale archivistico seguono principi e regole tecniche proprie. Esse danno priorità al recupero di tutte le componenti originali a condizione che assicurino resistenza e durabilità. I documenti nella bacheca sono stati sottoposti a undici fasi di restauro: analisi preliminare, spolveratura, smontaggio, esame degli inchiostri, ammorbidimento e distensione (pergamene), lavaggio, deacificazione, ricollatura (carte), riparazione di strappi e lacune, consolidamento dei sigilli, rimontaggio della legatura, condizionamento in custodia.
LE PIETRE DI VENZONE
A Venzone, più che in altri luoghi del Friuli, si è sviluppata da parte della comunità l’istanza di non perdere le testimonianze che si riconoscevano essenziali e di farne il fulcro della ricostruzione. Attorno a questa volontà si sono raccolti quanti, nell’ambito della cultura italiana, miravano a costruire «una nuova politica per i Beni Culturali».
La risposta istituzionale, reclamata a più voci, consentì di ottenere specifici finanziamenti e un particolare sostegno tecnico-scientifico per Venzone. Si cercarono soluzioni innovative per la massima conservazione degli assetti urbani, degli edifici, dei lacerti murari, degli elementi scomposti. Si risarcì, ricostruendone la forma, ciò che era stato perduto.
LE DODICI STATUE DEL DUOMO
Le dodici sculture, in pietra locale prevalentemente calcarea, del coronamento del duomo di Venzone hanno subìto prima il trauma dei due terremoti con il crollo dell’edificio, poi sono state raccolte e ricoverate in un magazzino, dove il 15 maggio 1983 hanno sofferto l’azione distruttiva di un incendio.
Le indagini chimico-fisiche hanno escluso la possibilità di esporle nuovamente all’aperto, per cui sono in fase di esecuzione le copie in pietra. Sugli originali, due dei quali qui esposti, è in corso un intervento di conservazione e restauro per ridare forma e stabilità materica alle opere.
BRERA PER VENZONE
In un momento di incertezza sulla ricostruzione del centro storico, nell’agosto 1978, il Comune invitò l’Accademia di Belle Arti di Brera per la manifestazione Venzone Vive. Si strutturò una serie di interventi con gli artisti Dora Bassi e Davide Boriani, docenti di scultura e design, attorno al tema del recupero della struttura urbana e della sua immagine storica.
La collaborazione degli abitanti rese questo progetto il primo esempio di progettazione partecipata italiana.
VENZONE: UN ESEMPIO ECLATANTE DI RESTAURO URBANO
Venzone è stato l’esempio più eclatante di restauro urbano post terremoto. Il centro abitato con la sua cinta murata era uno degli esempi meglio conservati del medioevo friulano, tutelato nella sua interezza già dal 1965. Gravemente danneggiato dalla scossa di maggio, fu quasi totalmente raso al suolo nel settembre. L’opera di ricostruzione, intorno a cui si aprì un dibattito che coinvolse i più importanti nomi italiani del restauro, vide la città risorgere nelle sue forme antecedenti il sisma: fu fatta una ricostruzione filologica, grazie ai rilievi redatti prima della seconda scossa, di tutto l’abitato, e per anastilosi (ovvero mediante la ricomposizione dei materiali crollati al suolo, ricollocati nella posizione originaria) degli edifici più importanti, quali il duomo ed il municipio.
IL CASO DEL CASTELLO DI COLLOREDO DI MONTE ALBANO
L'intervento per il recupero e la valorizzazione del compendio castellano di Colloredo di Monte Albano si configura come un intervento di conservazione degli elementi architettonici superstiti e di restituzione dell’intero complesso alla collettività non solo nella sua immagine, ma anche con l’inserimento di funzioni adatte alle esigenze contemporanee, condizione indispensabile per garantire la futura conservazione e costante manutenzione del bene, in un’ottica di conservazione integrata. Il progetto prevede la riproposizione dell’assetto edilizio precedente al terremoto tramite interventi di conservazione delle strutture superstiti, di ricostruzione delle parti mancanti sulla base di documentazione accertata e di ricollocamento in opera di tutti gli elementi costruttivi e decorativi recuperati.
GLI ARCHIVI DEL CASTELLO DI COLLOREDO DI MONTE ALBANO
Mentre si restaurava l’architettura del castello, si cercò di ritrovare anche le memorie di chi lo aveva abitato. Negli anni successivi al terremoto la Soprintendenza archivistica e l’Archivio di Stato di Udine recuperarono, tramite antiquari, molte parti dell’archivio Colloredo-Mels che, fino agli anni Sessanta del secolo scorso, si trovava in un’ala del castello.
I documenti di nuovo ricomposti, quasi in dialogo con le cose, riportano ora nelle architetture ricostruite la traccia di vite vissute e il respiro del luogo.
SPILIMBERGO: LE IMPALCATURE SALVANO IL DUOMO
Alcuni edifici storici, lesionati dalla scossa di maggio, riuscirono a superare il sisma di settembre solo grazie alle opere di puntellamento messe prontamente in atto per preservare le strutture murarie da ulteriori crolli. È il caso del duomo di Spilimbergo: furono infatti qui approntate impalcature e centinature di sostegno per proteggere l’edificio ed in particolare l’importante ciclo di affreschi trecenteschi dell’interno, già menomato dal crollo di una vela della volta dell’abside.
SANTO STEFANO IN CLAMA AD ARTEGNA: LA SCOPERTA DEGLI AFFRESCHI
La decorazione quattrocentesca della chiesetta di Santo Stefano in Clama ad Artegna fu scoperta casualmente nella fase d’emergenza. A seguito del grave dissesto dell’edificio, comparvero lacerti di affreschi sotto lo strato d’intonaco. Con un intervento tecnicamente esemplare, i dipinti portati alla luce furono staccati dalle pareti, appoggiati a controsagome di vetroresina che riproponevano le irregolarità della superficie e – dopo la ricostruzione delle strutture murarie della chiesa – ricollocati nella posizione originaria.
LA
MEMORIA
RESTITUITA
L'ANIMA DEL LUOGO NELLA STORIA DEI LACUNARI
I lacunari della chiesa non più esistente di San Giovanni Battista a Gemona sono un grande racconto, che racchiude anche un gioco sottile di spostamenti e volontà, legato ai luoghi che contengono tale narrazione.
Dopo la demolizione dell’edificio, gravemente lesionato a seguito del sisma, da quarant’anni non possiamo più sollevare gli occhi e imbatterci, lassù in alto, in una florida Sibilla, in un solenne San Rocco, in una perfida Agnese. La chiesa non è stata più ricostruita; al suo posto c’è un anonimo parcheggio. I lacunari sono in deposito al Museo Civico di Palazzo Elti a Gemona.
POMPONIO AMALTEO, IL PITTORE DEI LACUNARI DI SAN GIOVANNI BATTISTA
La fama di Pomponio Amalteo (Motta di Livenza, 1505 – San Vito al Tagliamento, 1588) è da sempre legata a quella del suo maestro Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto Il Pordenone.
Amalteo ne frequentò la bottega e nel 1534 ne sposò la figlia Graziosa. Pur mantenendosi fedele allo stile, non mancò di originalità, guardando alla pittura veneziana del tempo e agli sviluppi della cultura figurativa tosco-romana. Lavorò a lungo in Friuli.
Nel 1533 sostituì il veneziano Gaspare Negro nella decorazione del soffitto della chiesa di San Giovanni Battista a Gemona, dove decorò ben 40 scomparti lignei, di cui 36 sono qui esposti. L’allestimento in mostra rispecchia la collocazione voluta dall’autore nel Cinquecento che già nell’Ottocento, causa restauri e riposizionamenti, era andata perduta.
LA
MEMORIA
DELLA
RICOSTRUZIONE
L'IDENTITÀ DI UN PAESAGGIO
Nell’opera di ricostruzione l’impegno regionale si è rivolto anche verso un patrimonio dimenticato strettamente legato al territorio per materiali e tecniche costruttive.
La definizione di specifici strumenti operativi ha consentito interventi puntuali sugli edifici che hanno determinato una cultura del recupero architettonico.
Attraverso queste architetture ritrovate riconosciamo ora nel paesaggio i caratteri di un’identità friulana salvata.
L'ARTICOLO 8
Nel Friuli del dopo terremoto l’espressione Articolo 8 ha significato la volontà di salvare alcune testimonianze di un’architettura fortemente connessa al territorio che in quel momento rischiava di andare perduta.
Con lungimiranza, la legge regionale n. 30 del 20 giugno 1977 stabilì infatti, all’art. 8, «di recuperare e valorizzare, attraverso la corretta esecuzione delle opere di riparazione e di restauro, i principali valori ambientali, storici, culturali ed etnici connessi con l’architettura locale».
LA
MEMORIA
DEL
DONO
LA COLLEZIONE FRIAM DI CASA CAVAZZINI
Friam sta per Friuli Arts and Monuments, un movimento di solidarietà nato a New York, nel mondo della diplomazia internazionale, tra artisti, politici, giornalisti e finanza, grazie all’impegno profuso anche da Mario Micossi, un artista di Artegna (Ud).
Nelle settimane immediatamente successive al 6 maggio, importanti autori dell’arte americana di allora decisero di donare le proprie opere al Friuli, devastato dal sisma. In origine le 115 opere avrebbero dovuto andare all’asta, ma fu l’allora sindaco di Udine, Angelo Candolini, che con lungimiranza decise di preservare le eccellenti donazioni per il futuro Museo d’Arte Moderna, la Gamud, inaugurato alcuni anni più tardi.
Dal 2012 la Collezione Friam è conservata a Casa Cavazzini, dove le opere sono esposte a rotazione.
GLI ARTISTI DELLA COLLEZIONE FRIAM
Lee Adler / Carl Andre / Stephen Antonakos / Mino Argento / Edward Avedisian / Lewis Baltz / Isabel Bishop / Ronald Bladen / Nell Blaine / Norman Bluhm / Ernest Briggs / James Brooks / Rudolph Burckhardt / Charles Cajori / Rosemarie Castoro / Susan Castoro / Giorgio Cavallon / Javacheff Christo / Franco Ciarlo / Suetelle Coman / William N. Copley / Allan D’Arcangelo / Robert Dash / Gene Davis / Elaine de Kooning / Willem de Kooning / Mark di Suvero / Lois Dodd / Seymour Drumlevitch / Edward Dugmore / Natalie Edgar / Lawrence Fane / William Fares / Louis Finkelstein / Mary Frank / Jane Freilicher / Albert Friscia / Paul Georges / Leon Golub / Joseph Goto / Philip Grausman / Nancy Graves / Cleve Gray / Stephen Greene / Philip Guston / Richard Haas / Dimitri Hadzi / Grace Hartigan / Richard Hennessy / Horst P. Horst / Donald Judd / James Juszczyk / Ruth Rita Kagan / Wolf Kahn / Alex Katz / Lila Katzen / Ellsworth Kelly / Ed Kerns / W. Y. Koenigstein / Joyce Kozloff / Lee Krasner / Ronnie Landfield / Ibram Lassaw / Mon Levinson / Sol Le Witt / Roy Lichtenstein / Linda Lindeberg / Seymour Lipton / Robert Mangold / Sylvia Mangold / Brice Marden / Nicholas Marsicano / Knox Martin / Jack Massey / Raoul Middleman / Willard Midgette / Lew Minter / Gregoire Müller / Alice Neel / Costantino Nivola / Doug Ohlson / John Opper / Phillip Pavia / Beverly Pepper / Charles O. Perry / Howardena Pindell / Murray Reich / Tony Rosenthal / Edwin Ruda / Kikuo Saito / Fred Sandback / Tommy Scmidt / George Segal / Joel Shapiro / Sidney Simon / Joseph Joe Stefanelli / Saul Steinberg / Frank Stella / Harold Stevenson / Marjorie Strider / Esteban Vicente / Ruth Vollmer / Neil Welliver / Robert White / William T. Wiley / Cristopher Wilmarth / Jane Wilson / Wing Wilson / Adja Yunkers / Kes Zapkus
CONIARE IL RICORDO
La medaglia è un’opera in metallo, realizzata per celebrare personalità e tramandare eventi, anche tragici. All’indomani del sisma di maggio, medaglisti, non solo friulani, sentirono il dovere di testimoniare il dolore e la forza dei friulani. Già alla IV Triennale italiana della medaglia, inaugurata a Udine nell’ottobre del 1976, furono esposte oltre trenta medaglie sul tema del terremoto, come quella con l’Orcolàt di Guerrino Mattia Monassi, capo incisore della Zecca di Stato. In mostre successive, dalla loro vendita si raccolsero fondi per i terremotati.
Queste opere sono oggi conservate nel Museo d’Arte della Medaglia e della Città di Buja, istituito negli anni Novanta quale lascito della scuola medaglistica bujese.
I medaglisti: Bruno Bandoli / Carlo Behmann / Mercedes Biasizzo / Antonio Bidoli / Bino Bini / Aldo Candussio / Luciano Ceschia / Venanzio Crocetti / Luciano Del Zotto / Furio Di Bello / Eugenio Driutti / Pietro Galina / Pietro Giampaoli / Sergio Giandomenico / Angelo Grilli / Luigi Mazzella / Sergio Mazzola / Francesco Medici / Giampaolo Menegazzo / Elio Lucio Modesto / Guerrino Mattia Monassi / Pierino Monassi / Luigina Osso / Claudio Rodaro / Rinaldo Rodaro / Gianfranco Sacchetti / Bruno Santini / Salvatore Spedicato / Antonino Tortorici / Guido Vanni / Guido Veroi / Gianfranco Zanetti
LA
MEMORIA
RIELABORATA
UNA RICERCA SUL CAMPO
Una ricerca nella memoria dei luoghi condotta da una generazione di giovanissimi che di quella memoria non sono mai stati partecipi. Il paesaggio della piana di Gemona un tempo era caratterizzato da abitazioni rurali alternate a campi, orti e frutteti: ora centri servizi e supermercati ne hanno preso il posto. Gli occhi e i racconti di chi ha conosciuto quel profilo perduto restituiscono oggi, a distanza di quarant’anni, quella rimozione in un ipermediale realizzato dai ragazzi della scuola Magrini Marchetti di Gemona che ne raccoglie immagini e voci.
LA MEGLIO GIOVENTÚ
«Dionisio, Fugazza, Maistrello, Mancini Zanchi, Pasquaretta, Prenka, Raceviciute, Sofia, Tusha, Vavarella sono stati chiamati ad immaginare un nuovo paesaggio a quarant’anni dal terremoto dove, quasi per un’eterogenesi dei fini, l’estetismo si trasforma in realismo, e il realismo in volontà documentaria. Attraverso i loro interventi, citano uno sconvolgimento soprattutto esistenziale e di qui ipotizzano quasi una rappresentazione rovesciata, in cui l’elaborazione artistica è più vera del mondo che riproduce. Di questo territorio, infatti, di tale elaborazione ne descrivono l’essenza, la storia. Ne rivelano l’identità dimenticata come fosse un monito ma ne rilanciano lo spirito progettuale, quasi per un nuovo dover essere».
«In un gioco di continue contaminazioni, i giovani autori concepiscono così l’idea di un’azione per un domani: opere che, se da un lato traggono linfa dal linguaggio immediato della cronaca, dall’altro ci ricordano che questa stessa realtà friulana è la somma delle sue immagini culturali».
«Ho pertanto invitato vari artisti che si stanno affermando nel panorama nazionale, particolarmente sensibili al dialogo con il contesto territoriale, che hanno saputo evidenziare al meglio gli elementi caratterizzanti il contesto culturale traendone linfa per una riflessione differente. A quarant’anni dal cataclisma friulano, la ricerca è stata compiuta sia attraverso lo studio della documentazione d’archivio, che mediante una ricognizione fisica ed antropologica delle aree geograficamente interessate».
Andrea Bruciati
LA
MEMORIA
RIVISITATA
SOPRA LE MACERIE
«Il nostro lavoro ambisce a raccogliere quello che ancora adesso, a distanza di quarant’anni, è rimasto negli occhi e nel cuore di quei generosi combattenti. Qual è la prima immagine che hanno fotografato al loro arrivo? Chi è la prima persona con cui hanno parlato? Il primo gesto che hanno regalato ai più sfortunati? Qual è il ricordo che non li lascerà mai?»
Matteo Oleotto
Matteo Oleotto ne ha parlato con Mara Bagatella, Mario Bagatella, Fulvia Cantarut, Massimo Cirri, Vittorina Cressatti, Alberto Durì, Nevio Fabbro, Albert Fabello, Mauro Gallina, Alessandro Ghiro, Adriano Giacomuzzi, Lauro Giavedoni, Mauro Gubana, Luigina Lovato, Achille Luchitta, Bruno Mantoani, Vincenzo Marigliano, Luciana Marioni Bros, Paolo Medeossi, Alessandro Misdaris, Savo O žbot , Rino Vicentin, Annamaria Visintin, Francesco Volpiana.
Regia e Sceneggiatura Matteo Oleotto
Direttore della fotografia Luca Chinaglia
Montaggio Giulio De Paolis
Musiche originali David Cej
Montaggio del suono Havir Gergolet
Color e finalizzazione Gianandrea Sasso
Immagini video inedite del Fondo
Olivia Averso Pellis dell’Associazione
Palazzo del Cinema-Hiša filma, Gorizia
Fotografie di repertorio Mauro Gallina
Prodotto da Transmedia Production srl in collaborazione con Azienda speciale Villa Manin
Fotografie degli intervistati Luca Chinaglia
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