Man Ray a Villa Manin

a cura di Guido Comis e Antonio Giusa

 

Man Ray è autore di alcune delle opere più celebri del XX secolo come Le violon d’Ingres, nudo femminilecon due intagli di violino all’altezza delle reni e Cadeau, ferro da stiro con la piastra percorsa da una fila di chiodi.

La straordinaria inventiva di un artista allo stesso tempo fotografo, pittore, ideatore di oggetti e autore di film sperimentali, viene raccontata a Villa Manin attraverso più di trecento opere che permettono di seguire Man Ray nella sua lunga e movimentata carriera fra Stati Uniti ed Europa, amori e amicizie. Per Man Ray non esiste infatti distinzione fra arte e vita, fra interesse estetico e sentimentale, desiderio e invenzione visiva. Pur mettendo in evidenza le diverse espressioni dello stile dell’artista, talvolta quasi disorientanti nel loro carattere enigmatico, la mostra permette di cogliere gli elementi di continuità nell’opera di Man Ray, le curiosità e le ossessioni che la punteggiano.

La creatività di Man Ray si esprime anche nei film sperimentali girati negli anni Venti: Retour à la raison, Emak Bakia, Les Mystères du Chateau du dé, Etoile de mer, oggi unanimemente considerati fra i capolavori della cinematografia surrealista.

A Villa Manin troverà spazio anche questa ulteriore manifestazione del talento visivo dell’artista.

MAN RAY/EMMANUEL RADNITZKY
“Dipingo quello che non può essere fotografato. Fotografo quello che non voglio dipingere. Dipingo l’invisibile. / Fotografo il visibile.”

Man Ray è lo pseudonimo di Emmanuel Radnitzky che nasce a Filadelfia nel 1890 da una famiglia di religione ebraica da poco immigrata dall’Europa orientale.

Dopo l’apprendistato a New York dove si avvicina all’opera delle avanguardie e stringe amicizia con alcuni fra i più importanti artisti dell’epoca, come Marcel Duchamp con cui condivide la passione per gli scacchi.

Man Ray sbarca nel 1921 a Parigi, accolto da numerosi colleghi artisti. Non è una scelta dettata dalla nostalgia delle origini, ma dalla convinzione che a New York non sia possibile far attecchire una nuova arte. Man Ray è infatti uno sperimentatore e un innovatore e i movimenti artistici cui si avvicina, dadaismo e surrealismo in primo luogo, rappresenteranno lo spunto per invenzioni sempre nuove in campo fotografico, come i rayograph e le solarizzazioni, in pittura, nella cinematografia e nella creazione di oggetti e assemblaggi.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, dopo un ventennio di intensissima attività artistica, ripara nuovamente negli Stati Uniti. È però un soggiorno temporaneo. Nel 1951 l’artista, questa volta accompagnato da Juliet, conosciuta in California e sposata nel 1946, fa ritorno a Parigi dove risiederà fino alla morte, nel 1976.

LA FORMAZIONE ARTISTICA

Man Ray scopre presto la propria inclinazione per l’arte, tanto da decidere di rinunciare a una borsa di studio universitaria per dedicarsi alla pittura mentre svolge un’infinità di diversi lavori. A partire dal 1908 frequenta la galleria 291 di Alfred Stieglitz dove si avvicina all’opera dei più innovativi artisti europei: Cèzanne, Rodin, Van Gogh, ma anche Brancusi e Picasso. Nel 1913 l’Armory Show, la mostra internazionale d’arte, sconvolge il modo artistico ancora sonnolento di New York. Man Ray ha modo di ammirarvi le opere di coloro che presto diverranno suoi amici, primi fra tutti Marcel Duchamp e Francis Picabia. Nel corso di pochi anni Man Ray brucia le tappe sperimentando diverse tecniche – dalla pittura all’aerografia, dal collage al cliché verre – e diversi stili, approdando in breve dal cubismo al dadaismo. La fotografia, dapprima opportunità di riproduzione e diffusione della propria opera, diviene in breve per l’artista una nuova forma d’espressione, e grazie all’impegno di ritrattista, un’occasione per far coincidere passione e professione. La convinzione che l’arte d’avanguardia non possa affermarsi a New York induce Man Ray ad abbandonare la città nel 1921 per cercare miglior fortuna a Parigi, dove approda preceduto dalla notorietà che l’amico Duchamp ha già avuto modo di procurargli nei circoli d’avanguardia.

VITA D’ARTISTA A MONTPARNASSE

Man Ray giunge a Parigi nel 1921, in un momento in cui la metropoli, finita la guerra, attraversa una fase di straordinaria vitalità. La città è allora la culla dell’arte, della moda, della musica europee e, per molti aspetti mondiali. Artisti, musicisti, scrittori, aristocratici e stilisti – e naturalmente modelle – sono gli esponenti della società in cui Man Ray è proiettato appena sbarcato in Francia. Quasi ogni opera da lui creata si conduce a figure quasi mitiche della vita d’allora. Cadeau, il ferro da stiro con la piastra irta di chiodi, si lega al ricordo del musicista Eric Satie, che presiede alla creazione di quell’oggetto aiutando l’artista a procurarsi i materiali necessari alla sua realizzazione. Le Violon d’Ingres, la celebre donna-violino, ritrae Kiki de Montparnasse, modella d’artisti, cantante e attrice con cui Man Ray visse una appassionata storia d’amore. La celeberrima serie Erotique voilée ci restituisce la bellezza di Meret Oppenheim e ci permette di coglierne il fascino disinibito e vagamente inquieto che ritroviamo nelle sue opere d’artista.

DA NEW YORK A PARIGI

Insoddisfatto dei riscontri ottenuti a New York, nel luglio 1921 Man Ray decide di tentare la fortuna a Parigi, e riescea convincere un ricco collezionista a finanziare il suo viaggio. A Parigi trova ad accoglierlo Marcel Duchamp che lo presenta nei circoli d’avanguardia. Il bagaglio di Man Ray consiste solo in una borsa da viaggio. Una cassa e un baule contenente alcune opere vengono ritirate dall’artista qualche giorno dopo l’arrivo. “Andai alla dogana a ritirare le mie opere” racconta Man Ray nella propria autobiografia. “Aprirono prima la grande cassa, che conteneva una mezza dozzina di tele. «Cubiste» sentenziò l’ispettore con aria da intenditore, e le fece passare […] Fu la volta del baule, molto pesante. Due uomini lo sollevarono appoggiandolo su di una piattaforma, ma non riuscivo a trovarne la chiave [e li invitai a forzare la serratura…]. L’ispettore sollevò un vaso pieno di cuscinetti a sfera in acciaio, immersi nell’olio; portava un’etichetta: New York, 1920. Quello, spiegai all’interprete, era un elemento decorativo destinato al mio futuro studio parigino; agli artisti capita talvolta di non avere nulla da mettere sotto i denti, e quel vaso mi avrebbe dato l’illusione che in casa c’era qualcosa da mangiare.”

PARIGI – LOS ANGELES E RITORNO

Man Ray realizza, fra gli anni venti e trenta, numerose immagini per il mondo della moda e per le riviste Vogue e Harper’s Bazar. L’eccentricità, ma anche la libertà di quella società fatta di figure geniali e spesso eccessive si ritrova negli straordinari ritratti scattati da Man Ray a scrittori, come James Joyce e Gertrude Stein, ad aristocratici come la Marchesa Casati – già annoverata da D’Annunzio fra le proprie amanti – ai colleghi artisti, da Picasso a Braque, da Henri Matisse a Max Ernst, e naturalmente a donne di cui Man Ray riesce a trasferire sulla carta fotografica un fascino che appare ancora irresistibile. Nel 1940 si trasferisce a Los Angeles dove risiede fino al 1951, dedicandosi in prevalenza alla pittura, per poi ritornare a Parigi. Negli ultimi decenni l’artista rivisita temi che gli sono propri, accentuando le allusioni erotiche come espressione di una nuova carica libertaria. Man Ray realizza molti ritratti della moglie Juliet dimostrando una grande capacità di immaginare soluzioni formali sempre diverse.