Tra Friuli e Marocco

GIULIANO BORGHESAN

A ottant’anni, sessantasette dei quali trascorsi con la sua macchina fotografica, Giuliano Borghesan presenta a Villa Manin una mostra curata da Gianfranco Ellero e Alvise Rampini organizzata e fortemente voluta dall’IRPAC_Istituto Regionale di Promozione e Animazione Culturale, dove saranno presentati gli splendidi risultati ottenuti in Friuli, in Marocco e in Europa.

Nato nel 1934 a Spilimbergo, in una famiglia che si tramandava l’arte e la tecnica della fotografia, negli anni Cinquanta del Novecento fu uno dei sette del Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia – gli altri erano Carlo Bevilacqua, Aldo Beltrame, Gianni Borghesan, Toni Del Tin, Fulvio Roiter e Italo Zannier – che scrissero con la luce memorabili pagine del neorealismo in Friuli. Emigrato in Marocco nel 1958, rilevò il Royal Studio di Casablanca e si affermò, attraverso numerose mostre personali.

La rivista Maroc Tourisme, pubblicò dal 1958 al 1975 numerose fotografie di Giuliano Borghesan eleggendolo protagonista della cultura fotografica fra Sahara e Atlas. Esportò in Marocco non soltanto il mestiere, ma anche l’arte, ovvero il modo di vedere e ritrarre l’umanità nella quale si sentiva immerso: i bambini, la femminilità, la maternità, il lavoro manuale, la povertà, le feste popolari e i paesaggi: erano questi i temi che lo attraevano, rinunciando alle chimere dell’esotismo e alle seduzioni del folclore per inclinare la sua lente verso la verità. 

Nella grande mostra organizzata dall’IRPAC, accanto ai migliori esiti del neorealismo in bianco e nero, Borghesan espone le straordinarie fotografie a colori realizzate nel Marocco del caldo e in quello del freddo, rivelando non soltanto la sua eccezionale sensibilità per il colore, ma anche la sua capacità di controllarlo e di indirizzarlo verso il punto focale dell’immagine.

Il fotografo continua a camminare sull’arduo sentiero della creatività, come si vede dalle recenti fotografie di Parigi, San Pietroburgo e siamo certi che la fotografia continuerà ad essere il suo lavoro, la sua vita, ancora per molto tempo